domenica, aprile 30, 2006

 

Quote rosa

Berlusconi, che qualche problemuccio con l'altro sesso sembra proprio averlo, dice che è difficile trovar donne disposte ad abbandonare la propria famiglia e (quindi?!?) il proprio lavoro per andare in parlamento. Noi ce n'abbiamo una che, per ora, risolve così.

P.S. Niente foto di Donatella e Alice, ci ha già pensato il Braccini

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sabato, aprile 29, 2006

 

Lucio Moreno al Senato

[Le serie sono il nuovo cinema (Neri insegna, o anche solo indica), prima di tutto perché rompono l'insensata convenzione per cui un film deve durare due ore o poco più, o meglio meno. Forse in futuro, quando avremo ancora più confidenza coi mezzi tecnici di riproduzione, i film del Novecento saranno trattati alla stregua dei racconti, o al limite dei romanzi (molto) brevi in letteratura. Se vi comprate un libro (che magari non ha un'economica) e a leggerlo ci vogliono solo un paio d'ore - non vi sentite un po' fregati? Il che nulla toglie alla possibilità di un racconto di essere bello o addirittura, come voleva Poe, l'unico genere che abbia la realistica possibilità di una fruizione ideale, proprio in virtù della sua breve durata durante la quale si può sperare di non essere interrotti da altro, da altri o da se stessi. Le serie, oggidì, o si è ricchi di denaro e di tempo, o di sapere internettaro e le si scarica da qualche parte, oppure le si compra su ebay, oppure ci si rassegna a vederne pezzi e bocconi ("suspence", dopotutto, viene dal latino "sospensione", "interruzione" - e il primo romanzo assolutamente moderno vede come protagonista eponimo Tristano Sciandi, "figlio (...) dell'interruzione (...)!") quando le tv nazionali si degnano di trasmettercene.]
Non c'era in tv la ri-seconda votazione al Senato, così mi son potuto guardare in buona coscienza l'ultima puntata di "Roma", la fenomenale serie ultraviolenta americana sull'Urbe dei giulii degna di "Mocassini Assassini".
In dodici ore (io ne avrò viste otto e rotti, ma prima o poi mi rifarò col dvd, anche perché il doppiatore di uno dei protagonisti è uno speaker di rete4 - e sentir declamare le proprie intenzioni truculente o bordellesche da un televenditore non son proprio riuscito a postmodernizzarmelo) si son viste le ultime vicende del bello gallico, tutto quello civile e infine (tu chiamalo, se vuoi, SPOILER) l'assassinio di Cesare. Di seguito qualche nota.

Uno. Bando a chi rompe i coglioni su "ma figurati se la vera Roma era così" ché non avete capito una sega. Un po' di Shakespeare in più, anzi (che anche lui ad anacronismi dava le paste a tutti ma, si sa, la superiore qualità dell'opera - o la confusione coi nostri anacronismi rispetto al Seicento), non avrebbe guastato, ma non dispero per la seconda serie, che potrebbe aprirsi sull'orazione di Antonio. In ogni caso, 'sta b-serie non guardatevela se non siete in grado di reprimere il latinista che è in voi.

Due. Raghi, 'sta roba l'ha scritta John Milius ("Un mercoledì da leoni", "Amadeus", "Larry Flint" - ma soprattutto "Conan il barbaro"), mica pippe.

Tre. Una sua "verità" storica la serie la trova programmaticamente nella violenza pervasiva della società romana. Roba espressionista, per carità (tanto "verista" quanto lo è il "realismo" proclamato da certi registi per i loro film pulp), ma ci si fa un'idea - e ci si rinfresca la memoria sul perché il cristianesimo, dopotutto, lo si può considerare una sorta di progresso (parola grossa) morale (grossissima). Ricordo, in un libro celebrativo della storia irlandese, di aver trovato un panegirico di San Patrizio, l'evangelizzatore dell'isola, che riuscì a far abolire la schiavitù e a diminuire (per quanto non a debellare) la bellicosità endemica dei regnanti locali.

Quattro. Ciò che colpisce, quello che dà l'impatto estetico, lo stilema che fornisce le tre o quattro cose a puntata che rendono Roma degno di essere visto, sono sesso e sangue, ma un tipo specifico di sesso e un tipo specifico di sangue, e soprattutto quella sintesi dei due che è la schiavitù - un tipo specifico di schiavitù. Il sesso è esplicito e apparentemente appassionato, ma non da pornosoft, piuttosto è mercenario fin nel midollo, brutale (nel gesto o nel sentimento) o calcolatore in ogni gesto; la sessualità di 'sti romani (ecco un'altra "verità" storica) è sempre mista di vanità, di voglia di potere e di sopraffazione, coi muscoli o con l'astuzia (un giorno in questa sede ci dilungheremo sul significato del pompino presso i greci e presso i romani, ma se avete furia e non vi interessano le infiorettature moderniste che ho intenzione di fornire andate diretti su wikipedia). Le scopate di Azia (la nipote di Cesare e sua plenipotenziaria a Roma in sua assenza) sono formidabili, e la caratteristica saliente è l'onnipresenza, ininvisibile (se mi passate il brutto neologismo), degli schiavi, alcuni impegnati banalmente a fungere da ventilatori umani (evvabbè), altri che si fanno proprio i cazzi loro (accanto al letto c'è una vecchina che fa la calza, e coi fusi rischia di ferirsi per il furioso tremare del baldacchino). Uno schiavo urta per sbaglio il giovane Ottaviano? Questi lo schiaffeggia con rabbia ma di passata, senza interrompere perciò la conversazione con la madre. Antonio, durante la marcia della legione che sta guidando, vede una pastorella solitaria? Una stupratina senza impegno, e la truppa riparte. Ovvie, forse, le scene di arena (dopo "Il Gladiatore", la stessa idea di un'arena periferica non è più nulla di ché), ma ganzissimi i murales sanguinolenti che tappezzano la città; sembra di essere a Belfast, e temo che il paragone possa essere calzante.

Cinque. A livello strutturale, ma anche di genesi dell'opera, i due livelli sono piuttosto standard ma interessanti da seguire. Da un lato l'alta politica, che segue più o meno gli eventi storici come li conosciamo (ma con interpretazioni dei personaggi da annotare; Pompeo grasso come il Cesare di Shakespeare avrebbe voluto, Bruto il ragazzino, Cicerone una macchietta - quante versioni di latino mi vendica 'sta macchietta di Cicerone!), dall'altro due personaggi inventati di sana pianta, di bassa estrazione sociale, e i loro entourage. Questi due li vediamo crescere, più che umanamente - direi - "di livello", proprio come in una avventura di D&D; si sa che Spielberg trasse Indiana Jones da un'avventura, che ha lodato il metodo in sé, che lo ha omaggiato in diverse scene di ET; se Milius fosse di quella scuola, non ci sarebbe certo da stupirsi. Le vicissitudini di 'sti due, il pretoriano Lucio Moreno e il legionario Tito Pullio, si intersecano con quelle dei personaggi di alto livello, ma -attenzione- siccome di fatto non possono modificare la macrostoria, creano delle tarsie che meglio di ogni altro conosce chi abbia masterizzato qualche avventura, o addirittura una campagna, del gioco di ruolo di "Star Wars" (meglio di chiunque altro vah, quorum ego sì, 'mbeh?) - o magari chi ha giocato alla play ad uno degli innumerevoli "Signore degli Anelli" in cui una paracompagnia mistoelfonani intravede ogni tanto, per i dungeon di Moria, Frodo e gli altri.

Sei. I sacrifici agli dei. In "Ben Hur" li avete mai visti? In quale altro peplum? E se pure ne scovaste qualcuno, beh - qua è un continuo, si fanno sacrifici per tutto e dappertutto; ora il capretto, ora la colomba, ora Vercingetorige al Foro, ora (preparate i fazzoletti) lo scarafaggio - unica bestia ammazzabile che il prigioniero trova in cella (almeno Silvio Pellico dai ragni con lui galeotti si faceva tenere compagnia).

E da ultimo, in questo giorno qua, come non ricordare i formalismi senatorii che conducono, contro la volontà di Pompeo che pure li aveva avviati, al bello civile? Oggi gli dei non ce li abbiamo più e, come dice la mi'mamma, "i sacrifici non vanno più di moda", però qualche morto ogni tanto fa sempre la sua porca figura; muore Falcone, eletto Scarfaro; in cosa ci disgrazieranno Giove Ottimo Massimo i tre morti di Nassirìa?


venerdì, aprile 28, 2006

 

Vota Pentito Marino

Non credo che Pentito sia un nome di battesimo accettato dalla Chiesa Cattolica, ma con un po' di costanza non dispero si possa trovare un parroco disposto a imporlo (si dice così) a un qualche bimbo dai natali emuli del crepaiolo di Bocca di Magra o magari della lacrimuccia di Manfredi. Hanno votato Marino, hanno votato Franco Mariti, hanno votato Giulio Marini di Forza Italia, tutta roba bella, ma la meglio fu nel '94, quando qualcuno con meno spirito di Pannella (che in quell'occasione ci fece il bello scherzo di dover dire poi: "Credevo di avere a che fare con un mariologo, non con un mariuolo") votò Scalfari (che oltre ad essere anche lui un fondatore di repubbliche, almeno era direttamente un padreterno). Una volta comprai alcune fette di salame da mettere nella scheda elettorale per poterci scrivere sopra "mangiatevi anche questa" (come da forse omonimo, ganzissimo libretto di Stampa Alternativa), misi il tutto in frigo in attesa del voto, e dopo desinare, apprestandomi ad appropinquarmi al seggio, scoprii che il mio ammortizzatore sociale si era mangiato tutto (la famigghia che si schiera a difesa dello Stato).
E' una vergogna, una vera vergogna. Ciavevo da lavorare su dei testi, non potevo perciò tenere la RadioRadicale accesa, ho posizionato la tele di faccia alla scrivania: nulla (toh: la seconda votazione al Senato). Tre reti pubbliche, signori, dicansi tre, tutte finanziate dal contribuente, e non una con le telecamere puntate fisse sull'elezione dei presidenti delle (così, sempre più lontane) camere. Su rai1 c'erano delle donnine mezze ignude che si dimenavano per far apprezzar meglio le loro grazie, una bionda in particolare che durante la sua esibizione (e muta intervista) si vedeva scorrere in sovrimpressione la scritta: "Stefania: sono casta e me ne vanto" (ipostasi di rizzahazzàggine come forse solo una Madonna vestita di rosso); anche la Bindi, d'altronde (Formigoni, maschio italico, ha rotto il voto), il che ci riporta (ah, ma ci eravamo allontanati?) alla politica. Fra le mitiche 25 proposte di legge di iniziativa popolare per cui raccolsi le firme anni fa ce n'era una che obbligava le istituzioni (tutte: dai consigli circoscrizionali alle commissioni parlamentari) a tenere in rete in tempo reale le loro sedute pubbliche. Ogni volta che in una delle camere c'è qualcuno - rai1 (se proprio ce la vogliamo tenere, e pagare) dovrebbe trasmettere in automatico su di lì - forse, già che ci siamo, 'sta trasmissione la si potrebbe tenere attiva anche quando non c'è nessuno, così, tanto per ricordarsi dov'è che è - l'Ara della Legalità.
Così, mi sono visto un po' di Fede (prima votazione al Senato - ma anche la seconda, che quei pampersi della rai non ciavevano il contatore! epperò Fede ce l'aveva che dava un voto in meno, e decisivo, a Marini!) che gongolava per la prima, prevista, provvisoria (?) trombatura di Marini (sor Prodi, se in Senato ci s'era anche noi - forse qualche voto in meno a Calderoli - che ne ha avuti due in più rispetto al gruppo leghista - e a Bianca e a Nulla ci sarebbe stato - e sì che ne bastavan poco), e Fede m'ha ricordato che la faziosaggine dopotutto è una cosa parecchio simpatica (un conflitto allo scoperto evita la conflittualità). Perché guardare le votazioni alle camere? Ma perché la gara è appassionante (e un Senato costantemente all'ultimo voto è foriero di suspense quanto poche serie), altro che Champion's League! (salvo che ci sia la Viola, ovvio) E perché, non ultimo (e si parla solo di estetica), i risultati riguardano cose vere, Sono cose vere (la realtà ha un potente impatto estetico), non semplici trascrizioni di atti di sangue o icché ll'è. (Né nella realtà mancano infervoranti discussioni sulla cornutaggine dell'arbitro)
Infine, per stasera: bellissimo Pannella che concede il bis della sua performance da garguglia. Dal loggione, magnificamente popolaresco, che dico: magnifico Popolo!, a gridare: Legalità! Democrazia! Legalità! Anche il piscio lo bevve due volte. Squadra che con-vince (nota: questo tipo di con-vinzioni si scrive col trattino, nonviolenza mai)-? Il successo di un metodo rende immortale la sua possibilità di efficacia. Legalità! Legalità! Proprio per questo propongo, nel caso la Bonino finisca alla Difesa, di restaurare nel codice militare la pena di morte il tempo necessario ad una condanna capitale per decreto nei confronti del padre spirituale di Francesco Rutelli, Oscar Luigi Scalfaro - passeremo volentieri con lui tutta la notte precedente l'esecuzione a pregare, e poi ci pentiremo, forse di averci pregato insieme.

p.s. In bocca al lupo Poretta! e tieni la mimma al riparo da quel paese degli obbrobri!!


giovedì, aprile 27, 2006

 

E ora la Bonino ministro!

Eletti della Rosa in quota radicale:
-Emma Bonino (subentra Antonio Bacchi se la Bonino va a fare il ministro, oppure gli subentra a metà legislatura)
-Daniele Capezzone (a meta' legislatura si dimette per far entrare Ainis)
-Marco Beltrandi
-Sergio D'Elia
-Lanfranco Turci
-S.Buglio
-Donatella Poretti
-Marco Cappato (subentra subito Bruno Mellano)
-Maurizio Turco

In quota socialista: E.Buemi, G.Crema, R.Antinucci, G.Schietroma, L.Di Gioia, Enrico Boselli, Giacomo Mancini, Roberto Villetti, A.Piazza.


mercoledì, aprile 26, 2006

 

Ebbene sì

Mi distraggo un attimo, e tutti sono già andati a vedere il caimano.
Tutti chi? Tutti quelli che pensavo non ci sarebbero mai andati, che mi guardardano male perchè giro con la famosa patacca sulla giacca sempre e comunque, o perchè ho una tessera di partito nel portafoglio (e che tessera!) invece di qualche paio di scarpe in più nel guardaroba.
E perchè? Perchè se n'è parlato, di sicuro, perchè s'aspettava un film sulla macchietta Berlusconi, sul delinquente Berlusconi, il film che voleva fare Teresa (forse. quello delle prime scene, non certo quello dell'ultimo quarto d'ora), il film della sinistra bene con la puzza sotto il naso.
Questi e altri perchè sono il motivo per cui questo film non ha spostato un singolo voto da una parte all'altra, al limite può aver portato qualche potenziale astensionista fino al proprio seggio, e più verosimilmente a votare il caimano piuttosto che.
In definitiva, ognuno ci ha visto quello che ci voleva vedere. E io? Perchè ci sono andata? Che ci ho visto? Che ci volevo vedere? Ci sono andata per curiosità, mi aspettavo qualcosa di molto più retorico e "fazioso". Ci ho visto invece un film che, facendo due somme, vale la pena vedere (quanto meno come fenomeno di costume). Un po' troppo lungo, irrisolto, ma con delle scene e dei personaggi geniali (il produttore polacco), con un finale che vale da solo i sette euri del biglietto. Ci ho visto un Moretti che forse per la prima volta mi è piaciuto veramente come attore, ci ho visto dei film che vorrei poter vedere, una storia d'amore finita di cui avrei visto volentieri meno.
E poi? Tante (troppe?) polemiche intorno, tante chiacchiere più o meno interessanti e fini a se stesse, una fatica immensa per riuscire a vederselo sapendone il meno possibile, una serata piacevole con un'amica.

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lunedì, aprile 24, 2006

 

Bischeri a Montecitorio


Donatella Poretti, aretina, penna dell’Aduc, voce di RadioRadicale a Firenze, dirigente della Coscioni dacché c’è (fonte Donvito, padre – e forse da oggi mammo - del di lei figlioletto, dalla mailing list dei radicali toscani), mentre Antonio Bacchi, lastrassignino, segretario della Tamburi dacché esiste e coordinatore regionale di fatto da quel dì, subentrerà subito se la Bonino diventa ministro o a metà legislatura altrimenti. E se questa legislatura dura davvero (vabbè, allora chissà, ma - appunto - chi lo sa) non viene esclusa l’entrata al Palazzo anche di Matteo Mecacci, imprunetino, rappresentante all’Onu del Prt (nonché fondatore del Vecchio Disobbedisco militante, e inattivo disobbedisco - come si vede qua a sinistra - di quello Nuovo e cazzeggione), e/o di Giulia Simi, senese (ma di natali ecuadoregni), docente di Matematica & Qualcheccosa all’Università di Siena, anche lei dalla prim’ora nella dirigenza della Coscioni (fonte Perduca, dalla stessa mailing list).
In quanti partiti ad essere eletti sono (de)i militanti? Insperato premio ad anni di culo fattosi e fino ad oggi mai avuto. Ogni volta che Pannella (come d'altronde fa un altro bell'Ego, vedi commento al post sotto) viene in Toscana dà a chi trova – in mancanza d’altro – di bischeri. Oh chiamali così!


venerdì, aprile 21, 2006

 

Diaframma? Purché funzioni.

Ci presentiamo alle amministrative, e col simbolo della Rosa, ma gli eletti formeranno gruppi consiliari che non si chiameranno della Rosa. Ho ascoltato solo pochi quarti d'ora, e sparsi qua e là, della Direzione che si è conclusa ieri e, per quanto abbia letto con soddisfazione la mozione che ne è il risultato finale, so che in queste occasioni per chiapparci qualcosa è determinante ascoltare molto e orecchiare di più. Su queste amministrative, ad esempio, non credo di aver capito fino in fondo cosa significa il punto 5, ma comunque lo leggo e lo sottolineo:

"La Direzione sostiene la proposta della Segreteria di deliberare la presentazione di liste della Rosa nel Pugno alle prossime elezioni amministrative del 28 maggio (con il sostegno a Rita Borsellino e all'esperienza dell'Aquilone in Sicilia), con identico simbolo presentato alle elezioni politiche. Contestualmente, in vista di questo appuntamento, dà mandato alla Segreteria di definire regole che affermino la reciproca autonomia tra eletti nelle istituzioni comunali, provinciali e ragionali da una parte, e responsabilità locali del partito dall'altra. In particolare, è sin d'ora stabilito che i gruppi consiliari non conterranno la denominazione "Rosa nel Pugno", ma acquisiranno altra denominazione autonomamente stabilita. E' infatti necessario e urgente non solo per la Rosa nel Pugno, ma per l'intera politica italiana, riaprire il dibattito sulla "forma partito", e compiere un passo che ci distingua da un crescente processo di "assorbimento" istituzionale dei soggetti politici, e di progressiva negazione del loro specifico apporto di elaborazione e lotta politico-sociale. La Direzione accoglie l’impegno di ciascuno dei soggetti costituenti della Rosa nel Pugno e della Segreteria in quanto tale ad escludere ogni forma di sostegno a qualsiasi lista elettorale presentata sotto altro simbolo."

Allora, capiamoci. Non credo si intenda dire che ci si presenta solo in Sicilia. Ma soprattutto è questa storia (ripetuta un paio di volte da Daniele, con metafore diverse) della "intercapedine", del "diaframma" da porre fra eletti locali e rappresentanti del partito. E' il nostro modo di pararci il culo (e di rassicurare il povero, povero Braccini)? Al prezzo di una perdita di visibilità post-elettorale del marchio, si evita che qualcuno rubi (o che qualcuno si faccia “assorbire istituzionalmente”, insomma si faccia cooptare dalle oligarchie nelle loro pervasive ramificazioni locali) in nome nostro? Basta?
Io di 'sti aggeggi, dal vero, non ne ho mai visto uno, ma ne ho sentito dire un gran male (guardate com'è castrante il suo omonimo fotografico). Il rischio, se mi si passa l’amplificazione della metafora, è che ‘sto diaframma funzioni come anticoncezionale, ma lasci passare le infezioni. Ma per ora, che devo dire, badiamo pure a trombare e a non essere trombati.


 

Pro Rosam et Pugnum/2


Ogni mattina mi reca nuovi motivi per sostenere la Rosa nel Pugno. Uno, poi, mi è particolarmente caro. A lungo ho sognato di morire a vent'anni, su una barricata, colpita da una pallottola in pieno petto e sventolando una bandiera. Vent'anni li ho compiuti un po' di tempo fa, sopravvivendo. Le barricate non si usano più, ma il sogno è rimasto. Il problema, ora, è: sotto quale bandiera cercar la bella morte? Da radicale, ho sempre avuto una scarsa attitudine per quelle rosse, nere o bianche. Al massimo il Jolly Roger. Quella di Radicali Italiani, nera con il nome del partito in giallo, non è minimamente adatta. Non si può morire eroicamente sventolando la bandiera dell'Ape Maya, no? Lo si può fare decorosamente, però, sotto le insegne gloriose della Rosa nel Pugno. Quel rosso ... quel simbolo ... allora sì che viene una morte artistica, esteticamente gradevole.
Quasi quasi, se solo ci penso, mi viene voglia di fabbricarmi una barricata, sventolare una bandiera della Rosa e vedere se qualcuno è così gentile da spararmi una pallottola in pieno petto. Quasi quasi, saluto la mamma e vado.



mercoledì, aprile 19, 2006

 

No a una "Udeur laica"

Avanti con la fusione fra i due soggetti politici radicale e socialista, ma occhio ai rappresentanti localissimi di questa seconda anima del partito, e soprattutto guardiamo di vincere quaccheccosa. Questa, per quel che vale, è la linea del Moderatore&Padrone di questo blog - e se proprio non ci sarà mandata troppo buona (non vinceremo neanche un pacsettino piccino picciò?), almeno che non ci sia troppo vento (rosapugnanti al fresco solo per far valere i diritti dei detenuti o per fatti autodenunciati - e mai, vi prego, per furto di polli con l'aviaria a Canicattì Sott'Empoli).
Dacché ho memoria, in questo paese si dibatte (e la si vede agita) l'egemonia curturale della sinistra. Mica balle, è un fenomeno pressoché statalizzato. Eppure, da almeno una decina d'anni, c'è 'sto "Foglio" che è il vero motore della maggior parte dei dibattiti politici e che, nonostante la svolta ginecologica prima e schiettamente ratzingeriana poi, continua ad esserlo. E' "la Voce", è "il Mondo" che, a quanto pare, ci meritiamo. E' cosa buona e giusta, dunque, che il dibattito sulla Rosa post-elettorale si tenga su quelle pagine (già nelle settimane scorse vi si era letta una "Epica dei tavoli radicali", di Camurri, che qua non può che far piacere, oltre che compagnia). Sono intervenuti prima Rocca, con un pezzo a dir poco ingeneroso, poi Capezzone, quindi Della Vedova (auguri, onorevole), nientedimeno che Bordin, e Punzi, ed oggi Vecellio e Tentellini. Bordin in particolare, che quelle cose aveva già scritte sul forum di radicali.it (ed è bello anche che quel pionieristico forum continui a funzionare così bene), mette in guardia dal tentativo di infanticidio del nostro coccoloso soggettino politico, e si duole che i contatti con le altre realtà socialiste sparse per la penisola siano stati sub-appaltati agli sdini piuttosto che presi in carico dall'intera segreteria della Rosa.
A stretto giro, that is the problem (diceva Nabokov), c'è una significativa tornata di amministrative (fra le altre Milano, Roma, Napoli e, dalle nostre parti, almeno Arezzo) - ed è aperto il dibattito (mentre posto è in corso la Direzione Nazionale RnP, proprio su questo argomento). Ora, noi abbiamo questo cinquantennale patrimonio di purezza che non è roba da svendersi come le verginità minorenni nella Napoli di Malaparte. Ma abbiamo anche la voglia di fare attecchire la nostra Rosa ovunque possibile, cioè ovunque. Come conciliare queste due necessarissime esigenze? Ad Arezzo ho visto che sono state convocate persino delle primarie (scusate il dirigismo ma: sono "autorizzate"?). Ecco, io non ci vedrei nulla di male se da Roma dei missi dominici venissero spediti ai quattro angoli d'Italia per controllare che la buona novella oltre che novella sia buona. Dipiù: a me piacerebbe proprio che dei simpatici stipendiati da Roma andassero a fare campagna e poi a lavorare come consiglieri comunali o quel che sarà per tutta la legislatura. Per le regionali faremo a tempo ad organizzarci altrimenti, pescando con coscienza di causa, fra i nostri locali, i più bravi, cazzuti e (sì, anche, 'mbeh?) fidati. Ma in questa tornata è indispensabile fare bella figura, e nemmeno elettorale, ma proprio amministrativa, dopo, davvero.
Io voglio una Rosa che non si sputtana. Voglio, come in quel bello spot di RadioRadicale, i rosapugnanti Dentro - ma Fuori dai Palazzini.


lunedì, aprile 17, 2006

 

Pro Rosam et Pugnum/1

Ci sono, secondo me, alcuni ottimi motivi per continuare a lottare affinchè la Rosa nel Pugno non giunga ad una morte prematura. Primo: la sua idea e i suoi progetti sono buoni, anzi, attualmente rappresentano l'unica possibilità per l'Italia di avere una vera sinistra, libertaria, liberale ed europea. Secondo: se la Rosa nel Pugno soppravive si fa venire un fegato così al simpatico D'Alema. Terzo: con la Rosa nel Pugno si riuniscono due grandi tradizioni della politica italiana che, guarda caso, sono pure le uniche a poterla rivitalizzare. Quarto: se la Rosa nel Pugno muore Boselli - che, a quanto pare, con Pannella si stava divertendo da morire - si intristisce di nuovo ed è un peccato. Quinto: se la Rosa appassisce alla prima difficoltà tanto vale eleggere Ruini al Quirinale e farla finita, così ci mettiamo l'anima in pace. Sesto: se la Rosa e il Pugno sono stati solo, come sostiene il già citato D'Alema, un cartello elettorale, come la prenderanno quelli che ci hanno creduto davvero, me compresa? Settimo: se la Rosa nel Pugno è stata soltanto un mito del Mediterraneo come il Minotauro, che figura ci faccio io che ho esibito orgogliosamente la spilla con il simbolo per più di un mese, compresi i due giorni dopo le elezioni?


domenica, aprile 16, 2006

 

L'avevo detto (purtroppo)

Le urne hanno tirato fuori quello che mi aspettavo. Un modesto 2,5% alla Rosa nel pugno (che però, son sempre nove radicali in parlamento e per noi, che votiamo da 10 anni, è roba) e un sostanziale pareggio generale.
L’avevo detto, ma non qui. E l’avevo detto perché
E il tutto non prometteva bene.

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Davvero, non ce la faccio ...


Si provano strani sentimenti davanti a un 2,5% che doveva essere almeno un 4%, al controllo di un numero di schede che va nell'ordine delle migliaia, alle dichiarazioni di D'Alema sui radicali e così via. Bisognerebbe avere qualcosa con cui consolarsi e noto che tanti ci riescono godendosi un piacevole senso di superiorità umana, civile e antropologica, sui berluscones nascosti che, come nota sagacemente la Rossanda, strisciano fra di noi, mascherati da persone normali simili a replicanti. Ebbene, io non ce la faccio proprio. Non riesco a sentirmi superiore a qualcuno che vota diversamente da me. Soprattutto, non riesco a considerare un bubbone della vita civile e democratica, una pustola della paese normale (e quale?), un finiano o un berlusconiano. E' un vizio antichissimo quello di usare le metafore della malattia pericolosa e da debellare per indicare gli eretici, gli omosessuali, i sostenitori della tolleranza e tanti altri, ma non per questo riesco ad accettarlo. Del resto, neanche i puri, o almeno coloro che si presentano come tali, mi hanno mai suscitato particolari simpatie; sarà perchè, come credo dicesse Nenni, c'è sempre il puro più puro che ti epura, ed io ho una certa qual sensazione di essere tendenzialmente un'epuranda. E allora, pur fra tanto pessimismo pre, inter e post elettorale, davvero, non ce la faccio ... .
Beato che può e chi ce la fa. Almeno si guarda allo specchio il lunedì mattina, pensa che ha votato Prodi e si sente un eroe e un gigante del pensiero e dell'opera. A me, invece, girano umilmente le scatole.


venerdì, aprile 14, 2006

 

Di colla e manifesti

Prendo spunto dal post del Braccini per fare un po’ di amarcord sulla mia prima notte di attacchinaggio (referendum per la legge 40).
Due donne alte un metro, un tappo e un barattolo (scelta della squadra azzeccatissima), con il loro foglio con la lista delle postazioni utilizzabili sporco di colla, a giro per campo di Marte. Su viale Righi becchiamo due energumeni di AN che stanno tappezzando di manifesti per l’astensione tutte le postazioni disponibili.

- Scusate, queste sono le nostre postazioni. (facce incazzate e decise)
- Non sappiamo quali sono le nostre, non ce lo hanno mica detto…(Melius abundare quam deficere?)
- Ve lo diciamo noi, non c'è problema!
.....
- Via...Lo fanno tutti…Guarda: sono tutti coperti dai manifesti dei comunisti
- Lo faranno anche tutti. Tutti ma non noi RADICALI! E che cazzo! (E se la Livietta non l’ao detto, l’ha sicuramente pensato)
- E’ vero, voi no...voi... (Noi che?)
- Non ce ne frega nulla. Se continuate chiamiamo i vigili. Poi se ne riparla.
- ...... (Sguardi perplessi)

Le due piccole rompipalle hanno lasciato una copia delle postazioni, hanno controllato il lavoro altrui e hanno proseguito il loro giro.

Quando i socialisti delusi ci manderanno a quel paese e torneremo a fare il bagno nella colla da parati, con che faccia affronteremo questi armadi-attacchinatori?

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mercoledì, aprile 12, 2006

 

Contra Rosam/1

Amen amen dico che è meglio che stia zitto. Dov’è la purezza? Non c’è, e se ci fosse non mi garberebbe neanche ma-. Eppure a me certa purezza piace, eddunque-. In uno dei miei brevi soggiorni all’estero raccontai a una catalana di Tangentopoli, e di come l’unico partito che non fosse stato nemmeno sfiorato dagli scandali fosse il mio. Mica li scelgo a caso, i partiti, io. Ruba quanto ti pare, da privato ladro, e difficilmente sarò davvero contento quando (spero?) ti verranno ad arrestare. Ruba dieci lire, da eletto, e ti vorrò vedere marcire in galera. Ruba da MIO eletto – e ringrazia il cielo che non ti becco perché se ti becco-. Oh, la catalana non mi credette neanche per un secondo, e irrise assai la mia dabbenaggine. All’ultima assemblea annuale della Tamburi ho fatto il mio solito interventino, centrato stavolta sull’opportunità (o meno) che la fusione fra Radicali Italiani (a cui sono iscritto dalla fondazione) e Sdi vada avanti fino allo scioglimento dei due soggetti originari. Cosa mi rode? Cosa mi hanno fatto ‘sti socialisti? Beh, hanno, da anni, migliaia di consiglieri regionali, provinciali e comunali, e non mi risulta che abbiano compicciato una cippa, salvo prendersi lo stipendio, ma vabbè, a farli lavorare ci si pensa noi, ci fo fiducia. Ma, per esempio, in questa campagna elettorale ciànno fatto tre cose che proprio non mi stanno bene a mano.
Uno: ciànno infiltrato tre condannati in via definitiva in lista (il più noto: Salvo Andò). Sono stati eletti? Non credo. Ma comunque s’era preso l’impegno (o no?) di non averne, e per quanto tutto ciò possa servire a vaccinarci contro eccessi di purezza (chi ha il diritto di elettorato passivo ha il diritto di elettorato passivo, punto) – ora che (ho rinunciato da un pezzo a convincere chicchessia ma) lo si può dire senza il sospetto di un (auto-)killeraggio elettorale, beh - a me mi gira i’ccazzo.
Due: alla penultima assemblea annuale della Tamburi avevo ricordato di passata quell’onnipresente ed onnipervasivo esempiuccio di Caso Italia che è l’attacchinaggio abusivo di manifesti elettorali (segnatamente quando attaccati in modo abusivo sopra i nostri). Se vedete più di due manifesti elettorali di seguito, quella roba lì è illegale. Ne avete visti, parecchi, di continuo. Quasi impossibile multarli (devi convincere un vigile a seguirti, per dire). Non ne avevate mai visti di nostri - e stavolta sì. All’attacchinaggio ci hanno pensato i socialisti. Ora: se ancora ancora lo avessimo fatto noi, avremmo avuto qualche giustificazione per spirito di rivalsa. Ma loro. Ma-.
Tre: Intini. Quanti voti ci ha fatto prendere Intini? Più di quelli che ci ha fatto perdere? No perché io di gente che non ci ha votato al Senato perché hanno visto Intini capolista (non dico centocinquantamila ma) ne conosco a bizzeffe, e parlo solo di quelli che poi ci hanno comunque votato almeno alla Camera. Ma povero Intini, onesto scherano di una compagine di malfattori redenti dal tempo e da Intini stesso. Ma povero Intini, che sulla politica estera praticamente la pensa come De Michelis e allora ma che-. Ma povero Intini, che in fin dei conti non è nemmeno stato eletto, neanche lui.
Ma quando scatterà l’ora legale, sarà ancora una volta panico fra i socialisti?


martedì, aprile 11, 2006

 

Pareggi (e sorpassi)

Juventus-Fiorentina 1-1. La Viola sbaglia un rigore (si chiama la maledizione di Baggio, e ce la portiamo dietro da un quindicennio), poi segna con Toni, quindi si fa raggiungere da Del Piero. A cinque giornate dalla fine, la Roma ci sorpassa al quarto posto e ci mette temporaneamente fuori dalla zona Champions'. Mai abbassare la guardia. Oggi e sempre, maledetti gobbi di merda.


lunedì, aprile 10, 2006

 

Spezzeranno le reni agli elettori


Gli scrutinatori scrutinano, voto a voto. Certo, negli Stati Uniti avevano la Florida, noi la Campania, e non è proprio la stessa cosa ma,si sa, siamo provinciali. La Rosa nel Pugno, a quanto pare, in questa lunga, lunga notte elettorale con ritmi che farebbero spazientire una tartaruga, ha preso il 2,5. Io sognavo il 6, così, tanto per iniziare, e poi, chissà, il dominio del mondo. Ma almeno la Rosa torna in parlamento, e questo è sicuro. Poi si può parlare di tante cose: di brogli, di strategie sbagliate da parte della sinistra, di Vladimir Luxuria che vedrebbe bene Rosi Bindi come presidente della repubblica, di una guerra civile che continua con altri mezzi da sessant'anni, della prospettiva da incubo, in caso di pareggio, dell'UDC che abbraccia la Margherita in un tenero e democristiano amplesso. Sì, domani se ne potrà parlare. E si dovrà parlare dell'oscuramento della rosa. Si dovranno affrontare tante, troppe cose. E a muso duro. Ma le ore fuggono, i voti le seguono, mi si è sciolto il fondotinta e ritorno davanti alla tv con il sogno di un colpo di scena all'ultimo: Rosa nel Pugno al 10%.


sabato, aprile 08, 2006

 

Lacrime di coglione

Una volta quando qualcuno (persona, categoria, movimento) si beccava un epiteto ingiurioso, anche a volerlo ribaltare facendo assumere all’insulto ricevuto un valore positivo (esempi classici: il Barocco, l’Impressionismo ecc.) ci voleva un po’ di tempo. Oggi, tempo zero, il film di Moretti non era ancora uscito nelle sale che già il Berlusca si presentava a una qualche sua convention esordendo con un fiero: “Sono il Caimano!” Oggi, tempo zero, ’sto caimano non fa a tempo a dare del coglione a chi non lo vota, che già per la rete circolavano almeno due concorrenti magliettine con su scritto: “Sono un coglione”. L’auto-ironia ha infinite ed insospettate capacità conservanti (lo si impara alle elementari e non lo si finisce mai di imparare) da quando il post-moderno la ha – nemmeno sdoganata ma – messa su un piedistallo che così poco le si addice.
Cinquanta nomi hanno i coglioni in milanese, secondo Porta. L’elencazione è una forma tipica della poesia dialettale (o anche solo espressiva, almeno da Burchiello e Pulci in giù - che mi venga in mente), l’oscenità pure, e Porta tematizza entrambe le cose fin dal titolo del sonetto (“Ricchezz del vocabolari milanes”) nel consueto tono scherzoso e, come si suol dire, irriverente. Belli comincia a scrivere in romanesco proprio a partire dalla traduzione di cinque sonetti del Porta, uno dei quali è questo qua. Ma come lo traduce? I coglioni diventano il cazzo, il cazzo è, fin dal titolo, “Er padre de li santi” (i borghesi dileggiati dal suo antecedente meneghino erano giusto fanti), l’elencazione parte diretta come un treno (“Er cazzo se po’ ddì rradica, uscello…”), l’ironia diventa sarcasmo nella coda finale (“… disce (...) ppene,/ seggno per dio che nun je torna bbene.”). Una battuta diventa bestemmia, non c’è motteggio ma spirito di Capaneo. “Il più grande poeta italiano dopo Dante”, ne ha detto Asor Rosa (e va aggiunto ai suoi, pochi ma consistenti, meriti).
Poi è arrivato il posmoderno, le parolacce si son scolorite in tropi correnti, perché non possiamo non dirci coglioni ecc. Mi ricordo che da ragazzo – avevo quel minimo di passione che ti fa credere di essere un vorace lettore che ne sa ogni giorno di più – ogni volta che guardavo ai me stessi passati mi stupivo di quanto fossero ignoranti e anche, nella loro ignoranza, coglioni; e magari in un secondo momento consideravo quel tal giulio passato, che aveva giudicato un giulio a lui passato coglione, coglione – e quest’ombra che mi seguiva nel tempo la chiamavo la linea della coglionaggine. Mi ricordo anche che un giorno mi voltai indietro e non la vidi più. Mi aveva trionfalmente superato. Voto Prodi, ma piango.


venerdì, aprile 07, 2006

 

Fritto misto/1

Ricevo, adultero leggermente e posto una mail.

Ho visto ora ora un lungo servizio sul zdf (2°canale tedesco di stato) da Roma sulle elezioni. Zampanò era l'aggettivo anche se non è un aggettivo (ma in tedesco esistono le parole liberamente composte) più gentile nei confronti di Berlusconi. Sembra che l'unico italiano che capisce qualcosa sia Beppe Grillo. Il servizio mi ha fatto una gran tristezza perchè qui ci sto bene.
Se facciamo questa impressione in Europa siamo fritti.

Ho provato a vedere il servizio via internet (ho trovato solo questo, troppo corto per essere quello incriminato), per vedere se riuscivo a capirci qualche cosa e a deprimermi un po' pure io. Mi ha salvato la mia scarsa "comprensione della lingua tedesca parlata".

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giovedì, aprile 06, 2006

 

Mezzo grammo di che?

Sono uscite le tabelle (che trovate qui) con le quantità massime consentite per il consumo di sostanze stupefacenti. Questo post vuole fare un po' di chiarezza per quanto riguarda la cannabis.

Se si viene arrestati come consumatori sono da uno a sei anni di galera, più multa da 3.000 a 26.000 euro. AVETE CAPITO BENE (direbbe il tale) se vi beccano con una canna, ANCHE UNA SOLA CANNA, vi sbattono in galera/comunità per un anno minimo e vi fanno anche pagare non meno di 3000 euro. (Questa, cari miei, è la vera notizia da tenere alta).
Se invece si viene arrestati come spacciatori sono da sei a venti anni di galera, più multa da 26.000 a 260.000 euro. Chi viene considerato spacciatore? Chiunque, in base alle tabella linkata sopra, venga trovato con un quantitativo di erba/fumo contenente più di mezzo grammo di Thc. Cioè? La mariuana e l'ashish che si trovano a giro di solito contengono il 5% circa di Thc, il che significa che per essere considerati spacciatori bisogna averne con sé circa 10 grammi (e siccome la canna media contiene mezzo grammo di sostanza, i giornali hanno titolato che si può essere considerati spacciatori per "venti spinelli"). Non si dirà mai abbastanza, però, che questa percentuale è enormemente variabile. Un decimo circa di quel che si trova sul mercato criminale (mancando quello legale, che se ci fosse indicherebbe il contenuto di Thc sulla confezione come succede per le sigarette per quanto riguarda condensato e nicotina) contiene fino al 15% di Thc che, intendiamoci, ai fini della botta è sempre poco (che si tratti di una "nuova eroina" è una panzana di Giovanardi), ma può bastare per farvi considerare spacciatori se venite trovati con anche solo 3 grammi e mezzo (diciamo sette canne).

Qua trovate la legge, con le sottolineature degli antiproibizionisti.it. Ci sarebbe da dire molto altro, per esempio a proposito del diverso trattamento riservato alla cocaina (secondo alcuni, e non a torto, quasi depenalizzata di fatto - ma si sa che in parlamento non è la maria che tira). Ma prima di avere un travaso di bile - per oggi mi fermo qua.


 

Berlusconì, c’est moi

Lo dicevo l’altro giorno di Emma (il che è anche più in linea con la citazione del titolo), l’ho praticamente visto dire da Moretti. Sono andato a vedere "Il Caimano" (massì), mi sono divertito un sacco, faccio giusto qualche osservazione sparsa (tutte ricche, ATTENZIONE, di SPOILER.) Primo: ma c’è qualcuno che è riuscito a vederlo senza esserselo prima fatto spoilerare da giornali, tv e non ultimi blog? No, ma a me, una tantum, non è pesato. Secondo: Berlusconi, nel film, è dato per onnipresente su uno sfondo pressoché fuori di testo (in cui fa appena una rapida incursione con la sua famosa bella figura al Parlamento europeo) ed è nel fuoco del racconto, nel film nel film; nella narrazione vera e propria la sua “vittoria”, il suo averci trasformati tutti, viene enunciato ma francamente pochissimo agito. A me, una tantum, la cosa non è spiaciuta (ma vedi in fondo); sullo sfondo e nel fuoco, su un altro piano ma come l’Harry (quello "deconstructed") di Woody Allen (e nota che a me di solito il metacinema mi fa venire il latte alle ginocchia). Terzo: le scene del Caimano nel Caimano sono piuttosto belle ed hanno il dono della sintesi, però, epperò, la cacciata di Montanelli dal “Giornale” (forse perché seguii bene la vicenda, e ne ebbi anche un bell’impatto emotivo) poteva essere talmente più trionfale di così! Quarto: aspettiamo fiduciosi "Freud contro Maciste" (e magari, per far contento Fagioli, possiamo fare che vince Maciste), ma anche solo "Mocassini Assassini" ci riempirebbe di gioia (ah il trash d’antan. Ma attenzione: se il personaggio-regista non gira un film da dieci anni vuol dire che la sua ultima produzione, "Cateratte", è solo del ’96!). Quinto: il finale. Nel '94 la tensione era tale che erano tutti pronti ad andare in montagna (e magari, per puro vitalismo, anch'io; fu il mio primo voto e disegnai una bella A cerchiata sulla scheda). Oggi, quel golpe di scena finale non è molto diverso dall'explicit della Coscienza di Zeno (cito a memoria, e magari invece era Gozzano): che bisogno c’è che esista il mondo?
Ma soprattutto. A me ’sto film m’ha indicato a dito un’evidenza cronologica banale quanto spaventevole. Io sono del ’76. C’è il serio rischio che gli ’80 italiani vengano raccontati dagli storici come, prima di tutto, quelli dell’ascesa del Berlusca. Che i ’90 e questa laide epoque siano suoi non c’è dubbio. E dunque ho vissuto tutta la vita sotto il segno storiografico del Berlusca. Se lui è il fuoco, cazzo se ne frega di 'sto film e del fatto che vi sia agito o meno quanto vi è enunciato; se lui è il fuoco lo sfondo siamo (e non come la storia) noi.


martedì, aprile 04, 2006

 

Degli orchi e di altre amenità


La parola orco viene da ogro, e ogro da ungaro, e appare al tempo in cui gli ungari scorrazzavano sulle coste europee, saccheggiando e devastando. In questi giorni, a causa della brutta storia del piccolo Tommaso, questo termine pauroso e da tempo consegnato alle favole, sta conoscendo una rinnovata fortuna. Eppure, questa orrenda vicenda di cronaca nera e i suoi annessi e connessi possono indurre diverse e pessimistiche meditazioni, non solo e non tanto sulla malefica essenza dell'orco badila-bambini. Ad esempio, l'orco in questione, prima di diventare l'efferato assassino di un bambino, aveva già una carriera da stupratore. Ma, si sa come va, stupri una sedicenne sotto gli occhi del suo fidanzato legato a un albero e ti condannano a sei anni, proprio come se ti avessero trovato con dieci canne di maria, poi esci dopo un anno. Non per essere forcaioli, ma solo per ricordare che, laddove la violenza sulle donne è considerata un'abitudine, magari spiacevole ma certo non particolarmente dannosa o censurabile, neanche i pargoli tendono a passarsela molto bene.
Però la perplessità sugli orchi e la loro percezione e gestione non finisce qui. Su Il Foglio di oggi Alberto Mingardi stabilisce un bizzarro parallelo fra i badilatori di bambini e l'aborto, suscitando la commozione di Ferrara, che arriva a farneticare di un mondo di orchi e di orchesse, come Pannella e la Bonino, così definiti nella risposta alla lettera di Luigi Amicone. Penso che non ci voglia un genio, e neanche un ateo o un laicista per capire che, fra chi abortisce e chi rapisce a scopo di lucro un bambino malato e poi lo uccide perchè piange c'è una differenza diversa dall'"utilizzo di mezzi meno teatrali del badile", come scrive Mingardi. Ma, forse, scrivo così perchè anche io, come il Pannella descritto da Ferrara nella sua risposta, sono un'orchessa che non sa di esserlo. Forse tutti coloro che la pensano come me sono orchi ignari di esserlo. E allora, tristemente, buona orchità a tutti.



lunedì, aprile 03, 2006

 

Rose, pugni e finocchi


Nel pigro pomeriggio domenicale mi promenavo in una via del centro di Taranto quando mi si para davanti un piccolo palco con sopra soltanto una bandiera con la fiamma tricolore, il tutto guarnito, davanti, da un po' di ragazzi con i capelli rasati disposti in ordine sparso. Il mio passaggio, però, ha suscitato una certa sensazione. Neanche il tempo di pensare che sui fascisti esercito un fascino irresistibile che mi accorgo di non essere io in quanto bionda l'oggetto delle loro attenzioni, bensì la spilla con la rosa nel pugno che porto sul bavero del cappotto. Qualcuno mi grida dietro "Vladimir Luxuria, Vladimir Luxuria, i finocchi al governo". Essendo non violenta e pacifica avevo già girato l'angolo quando ho realizzato quello che era successo. La violenza di sinistra la conoscevo già, con quella di destra è stato il mio primo e non particolarmente traumatico incontro. Tutto sommato, però, cosa avrei potuto rispondere se avessi avuto i neuroni più pronti? Luxuria è di Rifondazione? Meglio finocchi che cime di rape? Passata la rabbia mi è rimasto solo un po' di sconforto insieme alla consapevolezza che, in ogni caso, la patacca fa la sua porca figura.


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