venerdì, marzo 31, 2006

 

Laicità

Si sente parlare continuamente, giustamente, ma spesso male, di laicità dello stato, di lezioni di laicità, di laicismo, ecc ecc. E mi chiedo anche a quanti gliene freghi veramente qualcosa della questione e quanti ne capiscano l'importanza (è lo scopo del post? non credo) e quando me lo chiedo mi deprimo, perchè temo/immagino la risposta. Ne parlano i rosapugnanti (secondo me bene, anche se pure Bordin fa capire neanche troppo velatamente che ormai s'è capito che Ruini e Ratzinger entrano a gamba tesa nella politica italiana), i vari Rutelli e Binetti, i diesse incupiti coi rosapugnanti, la mia genitrice con l'egiziano (che se potesse, pure lui probabilmente voterebbe rosa nel pugno) che sta tre case più in là.... E ne ha parlato ieri pure Giannelli sul corriere. Poche parole, molto eloquenti e almeno un sorriso (magari amaro) assicurato.

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Menti vergini

Come già detto, ho una amica/collega albanese. Che a forza di vedermi girare con roba radicale s'è incuriosita e mi ha interrogato sul perchè e il percome, sul chi sono e cosa fanno questi benedetti radicali ("che mica se ne sente parlare tanto..."). Qualche pausa caffè (ma neanche troppe) e un paio di aperitivi dopo, se ne è uscita con una frase del tipo "mi sembra che i radicali siano gli unici in Italia che difendono la famiglia e le persone". Adesso gira con una spilla antiproibizionista ed ha pure provato l'esperienza del volantinaggio.
Da brava bischera, ho convinto a votare radicale una che radicale non può votare.

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mercoledì, marzo 29, 2006

 

Ballarà

Ho sempre un certo disagio quando vedo la Bonino, grande animale da palco congressuale, sminuita nella cornice del piccolo schermo. Io non sono in grado di convincere nessuno, non c’è verso, quando dico la mia m’infervoro, sbarello, e soprattutto nel mio fervore e nel mio sbarellamento non la smetto di dire i contro al mio discorso, non mi nego di problematizzarlo e di trarne comunque le meno peggiori conseguenze, mi sento un verme se dopo aver detto Bau non mi soffio sui baffi tutti i dovutissimi Miao. Sono solipsisticamente fiero della dozzina di voti raccattati alle comunali di Firenze, perché tutti rigorosamente di non radicali (tranne il mio – e lasciatemi dire che Votare Fantozzi è una gran soddisfazione), ma quanto più incazzato di almeno un voto che invece non m’è arrivato. La Bonino, però, è una mia faccia pubblica, è quella signora che se fosse al governo risolverebbe il grosso dei problemi risolvibili, e persino qualche insospettato irresolubile – e vedermi in pubblico senza avere il controllo di ciò che dico (per altro illusorio. Come quando ci si sente più sicuri a guidare noi, piuttosto che l’amico che guida meglio) mi mette un grande imbarazzo.
Che ha fatto ieri sera l’Emma? Di fronte alla platea di Rai3, si è distinta (dal Berlusca come dal Bertinotto) nel tentativo di accaparrarsi il voto dei delusi dal berlusconismo. È lì per le donne, è la più impegnata fra i sostenitori dei diritti civili nel mondo – questo è venuto fuori. È una capace e volenterosa di dialogare col comunismo nonviolento dell’attuale segretario di Rifondazione. Intanto Berlusconi diceva con la consueta faccia tosta le sue bugie e dava del comunista a Bertinotti, che a sua volta (mi è parsa l’unica cosa notabile) citava gli operai. Mi piacerebbe molto che citare ad ogni fiato le mancate riforme liberali della destra ci portasse più di una dozzina di voti, e soprattutto mi piacerebbe che non ce ne togliesse qualche centinaio di migliaia di difensori preconcetti dello welfare-quo. Ma perché, per esempio, non citare il sussidio di disoccupazione – ammortizzatore sociale liberale che da anni abbiamo in programma nell’ignoranza dei più? Ma perché- Ma perché-.
Guida meglio lei, e di chiunque altro, mica l’ho mai pensata diversamente. Solo che, buche nel selciato a parte, vorrei solo sapere se qualcuno in più l’ha capito - che a darle il volante ci porterebbe nel posto giusto in meno tempo e con meno rischi di chiunque altro.


martedì, marzo 28, 2006

 

Girellando per il mondo/1

Vile paronomasia, ma ho sempre trovato carino il fatto che Ariosto non abbia mai voluto andarsene sulla Tana (che è semplicemente il “Danubbio”, sulle rive del quale il suo “datore di lavoro” aveva da compiere una lunga missione diplomatica) pur di non uscire dalla sua tana ferrarese. “Il resto della terra/ – canta (ma si fa per dire, è una Satira, toh: versifica) – senza mai pagar l’oste andrò cercando/ con Ptolomeo (sull’Atlante dell’epoca, insomma, ma con quella “p” iniziale che a noi fa tanto Eta-Beta e fumettistici viaggi stellar-temporal-dimensionali) sia il mondo in pace o in guerra” (ah i viaggi in pullman decantati dai reduci dei Settanta, da qua a Katmandù attraversando le pacifiche plaghe di Iraq e Afghanistan!). Ma il fatto che uno se ne voglia stare, magari, dimolto a casa sua, non ci evita di guardare attraverso lo schermo anche letterale della lontananza (anempatico ma non per questo forzatamente razionalizzatore) cosa succede a giro nei termini che qua ci interessano, ovvero in quelli di Storia del Mondo nel Secolo Vigesimoprimo.
Beh, mentre qua si cazzeggia come filosofia di vita (e non si fa male – a nessuno, perlomeno), l’ultima dittatura d’Europa mostra di aver imparato la lezione ucraina e si rinsalda perseguendo preventivamente i propri oppositori interni, e nella stessa Ucraina, colpita qualche tempo fa dall’arma di attrazione di massa della rivoluzione arancione, c’è dei bei casini (forse ci avrebbe salvato, anche lì, un bell’uninominale secco, ma ad oggi: ci salverà la Timoscenco? E soprattutto -scusate il razzismo ma - : esiste un’ucraina che non sia una gran fiha?).
Nel cuore eccezionalmente culturale d’Europa, intanto, dopo il cabaret incendiario inscenato dai banlieusards nei mesi scorsi, è la volta dei moti conservatori dei sorbonnards (se si può dire così). A prescindere dalla sovraesposizione mediatica delle marginali (ci dicono) violenze, ci sono due o tre fatti da considerare: le okkupazioni non sono di per se stesse delle violenze? (i tribunali italiani decisero anni fa di no, perché il principio della libertà d’espressione prevale sull’illegalità del gesto; mah) E: il postofisso è davvero un diritto umano come propagandava Cofferati? (cazzo che differenza con la vita come diritto umano) Eppoi: ma, e se venisse fuori che davvero questo sistema economico non può reggere e ci porterà alla bancarotta? Vorreste il diritto umano del postofisso lo stesso? (sorry: il socialismo o è liberale o non è) A me questo tipo di manifestazioni fanno sempre venire in mente l’ingloriosa nascita del Belgio, che nel 1788 ottenne l’indipendenza dal Sacro Romano Impero con moti contadini sobillati dai nobili e notabili locali che si opponevano alle riforme di Giuseppe I; riforme liberiste, già allora; si trattava di abbattere le barriere doganali interne e di non far pagare (anche a quei contadini) i dazi allora esatti a chi andava da una regione all’altra.
Ma oggi, soprattutto, si vota in Israele. Ma Oggi, oggi leggo da qualche parte la smentita di quella mezza bufala della messa in funzione della Borsa del Petrolio di Teheran, che però come scenario è ghiotto, non impossibile e brutto e cattivo. 'Sta nuova borsa intenderebbe utilizzare come moneta di scambio per l’oro nero non più il dollaro bensì l’euro. Tanto meglio, direte voi, in culo agli americani e viva noi. Macché. Doveroso ricordare a chi mi legge senza conoscermi che sono un analfabeta economico, ma a quanto ho capito: Esiste la dollarizzazione (è doloroso dare qualche ragione a Chomsky, ma può capitare), una forma di tassazione indiretta (intendiamoci: perfettamente legittima e anche meno stronza di quanto l’impropria definizione d’altronde invalsa possa far pensare) degli Usa sul resto del mondo. Esiste e tant’è. Ora: l’Europa ad oggi è un’espressione geografica, non esiste, è alla meglio (come ricorda spesso Bandinelli) una “dieta polacca”; secondo i volenterosi nazionalisti europei, addirittura, essa potrà nascere solo in virtù di uno shut-down con gli Stati Uniti; una roba parecchio realpolitika, che fonderebbe il nostro futuro paese su fattori di identità piuttosto che di diritto. La Francia ha già vanificato il possibile auto-esilio di Saddam (vedi dichiarazioni del suo ex-generale per cui il Rais era convinto che Chirac avrebbe impedito il conflitto). Un’Europa che rifiutasse il cambio di valuta per il petrolio sarebbe un proto-paese che accetta la propria subalternità. Ma un’Europa che accettasse sarebbe una Francia in grande (ma non, per l’ennesima, in grandeur), una roba ancora una volta stolidamente realpolitika che prende questa come un’alternativa alla Comunità della Democrazia, al diritto, a tutte le belle cose che ci fanno (nonostante tutto) speranza (e l’America? L’America forse bombarderà l’Iran per questo)
Nel secolo Centesimoprimo e rotti in cui si svolge la Fondazione di Asimov Trantor, un pianeta al centro della Galassia, è riuscito ad unificare l’umanità sotto un’unica pacifica sovranità. In romanzi della stessa saga diegeticamente precedenti, si legge della storia di questa unificazione, e si incontrano buffi personaggi nativi di altri pianeti ma disposti a fungere da quinta colonna trantoriana pro bono pacis. Magari gli Usa fossero una Trantor liberaleggiante (se lo fossero davvero, così beneficamente imperiali, inizierebbero almeno a pensare di chiedere a Porto Rico, El Salvador, Panama ed Ecuador di diventare stellette dell’unione, se) – pro bono libertatis, la fine di Questa storia – anche se, sia chiaro, non ci interessa un’unica sovranità globale, ci interessa di raddirittare umanamente questo sfottuto mondo, magari per partire per degli altri. Assomigliano invece, è stato detto, alla Chiesa di Machiavelli, troppo debole per unificare l’Italia, troppo forte per non impedire agli altri di farlo. Ma una chiesa con un verbo storico piuttosto che oltremondano, con una struttura laica piuttosto che clericale, con la libertà piuttosto che con la risurrezione dei corpi come orizzonte – butta via.
Il Vigesimoprimo è agli inizi. Vedremo, continuando a girellare per il mondo.


domenica, marzo 26, 2006

 

Piccole speranze

Giorello, nella sua rubrica su corriere magazine, ricorda Luca Coscioni.
Santalmassi, nel giorno dello sciopero dei giornalisti, ritrasmette la (bella) puntata di vivavoce dedicata a Luca pochi giorni dopo la sua morte.
Su Grazia c'è un'intervista a Maria Antonietta.
Come e forse più di un mese e spiccioli fa, ho frignato. Con la speranza, e l'illusione, che Luca non venga dimenticato dai più.

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venerdì, marzo 24, 2006

 

Lo scioperato fra le scioperanti

Correva l’anno 2000, io stavo da un bel po’ con una con cui non sto più da un pezzo, e a costei toccò in sorte di andare a lavorare al MacDonald’s di via Cavour angolo via Guelfa, a Firenze. Il gestore in franchising di quell’esercizio non pareva più stronzo di un qualsiasi gestore in franchising di un qualsiasi marchio, e forse non lo era. Fatto sta che si creò una situazione di tensione fra questi e le sue lavoranti (quasi tutte femmine, studentesse ed italiane) che sfociò in episodi che le ragazze considerarono mobbing – e che nessun tribunale saprà (or)mai dirci se lo era anche giuridicamente. Io c’ero – che a volte non conta un cazzo, a volte, anzi, sarebbe meglio non esserci per capirci qualcosa: Vittorio Alfieri, a Parigi, non capì una cippa della Rivoluzione Francese, i diplomatici veneziani che la seguivano da Londra scrissero lettere ai propri capi che a tutt’oggi fanno scuola (ne parla Sergio Romano da qualche parte, lo ho sempre in mente quando penso agli amici che mi partirono festaioli, conformisti e apolitici per Genova e me ne tornarono manganellati, comunisti e apocalittici). Epperò io c’ero, e questo lo posso dire: che se gli episodi raccontati dalle ragazze non fossero veri, le loro lacrime erano da oscar. Io c’ero, e giravo fuori dal negozio a fumare i miei cicchini e a leggere il giornale, pronto a intervenire nella veste di casuale avventore se episodi analoghi si fossero ripetuti.
Alla fine fu sciopero. Uno sciopero anche piuttosto banale, ma era il primo sciopero in un MacDonald’s italiano. Vennero i Tg, le ragazze andarono da Santoro (che in quell’occasione fu straordinariamente sobrio) e dalle Iene (dove un mio omonimo “mostruoso” le vendicò burlescamente per quanto poteva). Vennero anche, ovviamente, i sindacalisti (di tutte e tre le confederazioni maggiori, se non ricordo male), e soprattutto quello della Cgil fece il suo. Vennero anche i politici, ma quello sciopero intendeva ergersi contro la prepotenza di un singolo franchiser, non contro la globalizzazione (parola di là da venire) o la MacDonald’s in generale – anzi, le ragazze gli autonomi ce li avevano anche abbastanza sull’anima, perché erano soliti entrare in sala per insultarle in quanto “serve del capitalismo” (inutile dire che nessuna era lì a lavorare per suo diletto). Venne anche il mega-direttore nazionale della catena (che riconobbi pochi mesi dopo, in una foto sul "Giornale", intervistato da Lorenzetto); discusse con le ragazze per una mezz’ora a pochi metri da me; pochi minuti dopo, a una radio, dichiarava di non averle mai viste e di appoggiare in toto il suo uomo in via Cavour. Sarebbe stato tanto facile scaricare 'sto tipo, che si vociferava avesse già combinato dei casini a Milano; senz'altro contribuì la politicizzazione della vicenda, e soprattutto il fatto che a quel primo sciopero ne seguirono a stretto giro altri in altri MacDonald’s fiorentini e italiani. In ogni caso la MacDonald’sItalia aveva fatto la sua scelta.
Sono passati un sacco di anni e non ricordo più perfettamente la sequenza degli eventi. Il giorno dello sciopero venne diffuso un volantino in cui gli aderenti spiegavano le loro ragioni e raccontavano cos’era successo. Scattò la denuncia per diffamazione, le ragazze si licenziarono controdenunciando – o viceversa, non ha molta importanza. La cosa importante è che, a giro, di quattrinai con tanta voglia di foraggiare l'italica avvocatura ce n'era pochi. I politici, soprattutto quelli che avevano appesantito la situazione, promisero lì per lì assistenza legale, continuarono a farsi vedere finché c’era speranza che i media li inquadrassero (e finché non fu chiaro che nessuna delle lavoratrici avrebbe ceduto al fascino del capetto), persero i documenti che gli venivano portati via via - una, due, tre volte (in un ufficio della Regione dall’aria pregna di psicotropo), quindi si defilarono in buon ordine. Omissis su altri particolari, più che altro perché quando schiumo divento più impreciso del solito (vedi clamoroso lapsus nel testo linkato sopra, dove scrivo ripetutamente "capitalismo" invece di "liberismo"). Alla fine si prese carico della faccenda il fratello di un’amica, Federico Micali, a proposito del quale avrei mille cose da ridire, e forse prima o poi le ridirò (di lì a poco diventò uno dei legali del Social Forum), ma a cui bisogna tributare un quantitativo di riconoscenza pari al lavoro gratuitamente svolto in questi anni – non poco, comunque.
Finché l’altro giorno l’avvocato della controparte lo chiama e gli fa qualcosa del tipo: “Pari e patta?”. Considerato che entrambi i processi sarebbero quasi sicuramente andati in prescrizione, e considerato il costo anche emotivo del trascinarsi della vicenda – le ragazze e quello là hanno ritirato le reciproche denunce. Ricordo, di quel periodo di merda, tutta la bella vanità di essere (per quanto inutilmente) dalla parte del giusto e del debole, con per giunta il gusto di dimostrarmi quanto non fossi ideologizzato (in un senso o nell’altro) a proposito di questo sfigatissimo simbolo americano parente rancido dei trippai. Ricordo un’infelice uscita della Bonino (qualcosa del tipo: “Ma cosa vogliono questi ragazzi? Che si inventino un altro lavoro”), evidentemente all’oscuro del succo della vicenda (un semplice caso di mobbing o – come vi pare, ma non di fronte a me - di diffamazione; un caso in cui una grande azienda decide di difendere il suo uomo ad ogni costo, per una strategia che mi piacerebbe tanto non fosse premiata dalla fortuna). Ma allora ero un votante non militante e non ci feci troppo caso; pensai solo che, fossi stato parte di quel “manipolo di cocciuti visionari” (come la Bonino definiva e definisce i suoi), magari glielo avrei potuto dire. Qualche mese dopo ero in piazza a far tavolini.
Dopo le ragazze, al MacDonald’s di via Cavour angolo via Guelfa hanno badato di prendere a lavorare solo immigrati pasolinianamente adorabili.


giovedì, marzo 23, 2006

 

Di patti finzionali

C’è silenzio (addirittura sospetto? Naa) dopo la polemica Facci-Tondelli. Il primo ha pubblicato un post con un io-narrante che pareva assomigliare parecchio al suo io-vivente, il secondo lo ha preso per il culo con un post dedicato a Falloppio (che, per carità, non è mai esistito) in cui il precedente io-narrante (qua lui-narrato) si avvicinava ancora di più all'io-vivente facciano e per di più sniffava - il che, ahinoi, è reato. Facci allora ha minacciato di querelare sia Tondelli che il Neri che li ospitava entrambi, il Neri ha cercato di fare ragionare tutti, Tondelli ha comunque prontamente cancellato il post con delle spiegazioni estremamente ragionevoli: tengo famiglia, e inoltre cià pure ragione lui a non voler essere accostato ad una condotta legalmente criminosa, per quanto il patto finzionale del racconto di Falloppio non fosse troppo meno lente di quello del racconto di Facci stesso.
Qua si ricorda con un certo rimpianto il mitico Official Guia Soncini Stalker Club, dove oltre ad essere presenti le uniche foto rintracciabili in rete della diciannovenne più vecchia del mondo, dove oltre a declamare a destra e a manca dove e come ce la si sarebbe sbattuta, si spiegava che cotanta passione era partita dalla descrizione sonciniana di un primo pompino. Al che, durante la nota polemica Soncini vs blogger-segaioli, l'oggetto del desiderio di quei secondi che tal nome meritavano in senso proprio rispose: "Mai sentito parlare di io-narrante?"
La questione è complessa e qua, per pigrizia, ci si limita ad appuntarla (altrove se ne sbrodolò parecchio alla lontana). Ma se qualcuno fosse stupito, ad esempio, del comportamento di Tondelli (non aver mai fatto esistere Falloppio), si ricorderà, per finire, che Leonardo stesso, quando ancora si firmava Davide Ognibene, era stato infastidito dal suo (peraltro, almeno dall'esterno, simpaticissimo) troll personale, che aveva deciso di raccontare la propria esperienza di atipico turista sessuale (lo splendido Diario di Cuba) firmandosi Davide Pocobene ed inducendo molti (quorum ego) a pensare che il Pocobene fosse il volto un po' vergognoso dell'Ognibene. Che dire? Poho, ci s'ha la bocca troppo occupata a sghignazzare.
p.s. La foto è quella di una maschera Dogon. In realtà, cercavo una specifica maschera Dogon, ma non m'è riuscito trovarla. Racconta Griaule (l'antropologo che presentò al mondo questo popolaccio africano - ma ci sarà occasione di riparlarne) che dopo un po' che si trovava fra loro e che ne osservava i costumi e i tipici spettacoli di maschere, nell'ambito di quest'ultimi comparve un nuovo personaggio dotato di maschera ad hoc: l'antropologo! Una maschera che, come ovvio, ricalcava stilizzandolo il suo viso dai tratti caucasoidi, con la simpatica aggiunta di un'altrettanto stilizzata penna e di uno stilizzato taccuino. Se qualche passante sapesse dove trovare quell'immagine - prometto ricchi post di ringraziamento.


 

Lauree brevissime

Quello che Gian Antonio Stella racconta sul corriere della sera in maniera deliziosa (e in chiave decisamente rosapugnante) è l'autonomia degli atenei tutta all'italiana. Racconta come i dipendenti del Viminale possano avere "sconti" sugli esami da fare per laurearsi all'Università San Pio V, in quanto già in parte "dotti della materia".
Ora, son convinta di essermi presa la mia laurea in matematica (non vedo l'ora di avere il pezzo di carta ufficiale da appendere al muro, per vantarmene ancora di più con quelli che sbandierano di non saper più fare le divisioni a due cifre) più per cultura generale (e anche passione) che per altro. Se all'epoca in cui mi sono iscritta all'università ci fosse stata un pochino più di autonomia, di informazione, e se non ci fosse stato il valore legale del titolo di studio, la laurea me la sarei presa ugualmente, magari non a Firenze (dove, si sa, per quasi tutto si campa sugli allori del passato) e probabilmente camperei di matematica in senso stretto e non in senso lato, come faccio ora. Ma coi se e coi ma, si dice, non si fa la Storia. E tutto sommato, quello che faccio per campare non mi fa affatto schifo.

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mercoledì, marzo 22, 2006

 

Eppur bisogna andar.

Il desiderio di fare le scarpe al Berlusca è tale, a giro per l’Italia, che il riflesso di un sacco di gente, di fronte ai suoi scazzi con Della Valle, è di dichiarare il prossimo acquisto di un paio di Tod’s. Capisco la tifoseria (soprattutto se prettamente calcistica, e magari nazionale nel senso dantesco del termine), ma raghi, ’gnà esse’cchiari: non c’è il buono e il cattivo, c’è uno scontro di poteri, c’è un cattivo contro uno contingentemente più cattivo, c’è l'ultimo bravo di un potere ormai secolarmente consolidato contro il capoccia di un potere con appena un venticinquennio alle spalle – e messi insieme, almeno nella democrazia reale in cui viviamo, li possiamo tranquillamente chiamare oligarchia. Il mondo è male, la tecnologia del diritto (finché dimostra di poter funzionare) l’unica quanto relativa salvezza. L’uomo sogna di votare e sbaglia se si astiene solo se - e perché - c’è sulla piazza (proprio nel foro, a sorvegliare l’ara della legalità – cioè, ormai, della libertà) chi dà anima e corpo (e sbuffa, suda, e magari ancora più di questo post trasuda pannellismo) a quella tecnologia. Benissimo, facciamogli le scarpe. Ma se non vogliamo restare comunque scarzignudi si sappia che poi bisognerà farle a’gobbi.


martedì, marzo 21, 2006

 

Giochini politici

Ci sarebbe anche il fantaparlamento, che mi dimentico puntualmente di aggiornare, ma in questi giorni è andato per la maggiore iosonoqui, un test di 25 domande (neanche tanto breve, insomma) non so quanto equilibrato ma con una certa aria di serietà. Tanto che Camillo, ad esempio, ha tratto dai suoi risultati l’idea che i partiti più vicini ai radicali stiano piuttosto a destra che nell’Unione. Macché: io sono qui a fianco (controprova: Danton e il Neri) e vi assicuro che Fi, An e Udc sono parecchio lontani. Se poi fossero lontani anche quegli altri, pazienza.
Un sempatico effetto collaterale di questo giochino è che molti sinistri sociologici hanno occasione di sapere, come all’improvviso, quanto ci sono vicini almeno programmaticamente. Ma non c’è da avere paura di contaminazioni: non ci voteranno comunque “assolutamente mai”. (Com’è che riescono gli altri paesi ad avere al governo persone di cui vanno fieri? Le votano, ah)


 

Girellando per il web/2

Se volete imbroccare, non andate in un circolo scacchistico. La proporzione fra giocatori maschi e femmine è di cento a uno e rotti, di molto superiore alle pur nette prevalenze quantitative maschili in altri ambiti ludici. Si sa che "è difficile convincere le signore a lasciare professione e famiglia", e la casa per le sessantaquattro caselle, poi – ma la questione è davvero un’altra e chi è interessato chieda, si farà finta volentieri di sapergli dare una risposta. Qua si segnala (via pbeneforti) la splendida eccezione di Alexandra Kosteniuk e, sovrani, se ne presagisce un futuro migliore – inverosimile come l’inverosimile (ma vero) Inno dell’Udeur (via Gokachu, e Giulia Blasi).
Se invece veniste colti da nostalgia della patria lontana, oggi, grazie alla tennologia, potete portare i vostri bacioni personalmente mentre ve la rimirate in tempo reale, ad esempio tramite questa webcam. Domanda: quante ce ne sono a giro? Sarà curioso indagare, e magari mappare il mappabile, magari usando la stessa cartina per mappare i mitici (e salvifici: ci son periodi che ci mangio cinque volte la settimana) trippai e lampredottai della città della Fiore, come si è involontariamente iniziato a fare qua (purtroppo senza permalink). Moderate però i vostri appetiti, e non vi sognate di chiedere le patate alla contadina a meno che non siate sprovvisti di telecamera; in caso contrario, il Moige si abbatterà su di voi come è successo al povero Rocco Siffredi, che di telecamera era invece dotato.
Mala tempora currunt! come dihano i vecchini e ora anche il Financial Times: pare che finiremo come l’Argentina (via piste), e vorrà dire che ci accontenteremo della bistecca.


 

Fagioli e fagiolini/1

Giovambattista Fagioli è un letterato fiorentino vissuto a cavallo fra il Sei e il Settecento di cui è rimasta qualche battuta nella tradizione orale – e in cui gli storici della lingua hanno rinvenuto le prime tracce grafiche della palatalizzazione delle liquide preconsonantiche che caratterizza a tutt’oggi (perlomeno nell’articolo determinativo: “il” diventa “i’+raddoppio della consonante iniziale”; i’ggatto, i’ccipresso, i’bBraccini ecc…) i parlanti della nostra maravigliosa città.
Massimo Fagioli, invece, il secondo fagiolo della mia vita, è uno psicanalista (toh: un guru) che ha avuto un impatto culturale tale nella vita del paese (e del Braccini), per quanto in modi piuttosto sotterranei, che tempo fa presi l’impegno di dire al mondo cosa cazzo ne so (poco) – ed ora, stimolato da una delle sue carsiche riapparizioni sulla scena pubblica, eccomi qua a non averne voglia per l’ennesima volta. Inauguro perciò la serie dei post a lui dedicati limitandomi a segnalare l’intervista a Bellocchio (suo adepto, nonché nostro gradito candidato sembolico), uno stralcio del suo intervento alle Invasioni Barbariche che purtroppo non ho visto (forse riuscirò a recuperare), un comunicato di Capezzone (che vorrei sapere meglio cosa cazzo ne sa, anche lui – probabilmente più di me, visto che ne parla già dal congresso scorso) a proposito dell’influenza fagioliana sul lessico di Bertinotti, e non ultimo i blog (1-2-3-4) dedicati dal mio prof di filosofia del liceo, Fulvio Iannaco, a tutto l’italico fagiolume. A rileggerci.


lunedì, marzo 20, 2006

 

Volantinaggi altrui


La genitrice della Livietta parcheggia sempre la bici dietro una cabina del telefono che di recente è stata tappezzata di adesivi di forza italia giovani. La genitrice quindi, per protesta (è anche convinta che quella di FI giovani sia una affissione illegale e per questo è molto indignata, ma, si sa, gli svizzeri son gente strana) tappezza la bici di adesivi della rosa nel pugno.
La solita genitrice parcheggia il suo potente mezzo ad una rastrelliera e quando torna a riprenderlo trova tutte le bici tappezzate di volantini di FI. Tutte tranne la sua.
Mi sa che i rosapugnanti hanno la fama di teste dure. E comunque io, al posto loro, il volantino ce lo lasciavo.

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giovedì, marzo 16, 2006

 

Flussi e riflussi

Il 14 marzo, tra l'una e le tre meno un quarto circa ero alle poste a tener compagnia ad una amica albanese (ebbene sì, ho amiche albanesi!) che doveva convertire il permesso di soggiorno.
Dietro a noi una donna rumena, semianalfabeta, reduce da una notte sul marciapiede davanti alle poste, col suo modulo a lettura ottica in mano. Fa i complimenti per l'italiano alla mia amica e comincia a chiacchierare in un italiano molto zoppicante. Dopo poco, capiamo che la signora nella busta non ha nessuna promessa di contratto, che la sua domanda è totalmente sbagliata e soprattutto inutile: l'ha compilata probabilmente per "sentito dire", nell'illusione dell'equazione "decreto flussi=sanatoria". Quando ci sente ragionare di contratto e si spaventa. Uno sguardo di intesa tra me e la mia amica e sorvoliamo dicendo che la nostra è una pratica diversa e che non ne sappiamo niente. Non abbiamo avuto il cuore di dirle che tutto quello che stava facendo (ne parlerò?) era inutile o addirittura controproducente (a questo però lì per lì non ci abbiamo neanche pensato).

La stragrande maggioranza delle persone che erano davanti a quell'ufficio postale, erano presumibilmente clandestini. Chissà quanti nelle stesse condizioni della dolcissima signora rumena. Mi domando allora, che senso ha? Come si concilia una legge del genere con le code di clandestini davanti agli uffici postali?
E poi, quante vecchiette finiranno nella merda per domande compilate coi loro dati, magari a loro insaputa? Oppure verranno chiusi due occhi e le signore rumene, che abbiano fatto o meno la notte in bianco davanti alle poste, continueranno a a fare quello che facevano?

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domenica, marzo 12, 2006

 

Le nostre cose

Ascoltando un po' a caso radio radicale ieri sera mi sono imbattuta in autocommiserazione e autocompiacimento di un gruppo non ben identificato di donne di alleanza nazionale.
Ancora una volta, abbasso le quote rosa.

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venerdì, marzo 10, 2006

 

Le loro cose

C’è questo libro, scritto un po’ così così (con quell’affastellarsi di metafore che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra tipico dello stile giornalistico spregiativamente inteso), ma davvero molto interessante. Vi si mette in evidenza, fra l’altro, che nelle pubblicità degli assorbenti non viene mai utilizzato il rosso, sempre il bianco e l’azzurro, già colori mariani ed oggi sinistro memento che l’antica virtù femminile è stata sostituita dall’igiene.
Ecco, tempo due mesi e, almeno a Milano, è comparso il cartellone pubblicitario a fianco. Che, ahinoi, conferma la regola.


 

Citare Baricco

Ogni benedetta Pasqua, mia nonna mi buttava giù dal letto alle dieci del mattino, mi trascinava per il braccio di fronte alla televisione, e indicando la folla in religiosa esultanza che traboccava da piazza San Pietro e da Rai1 -mi bociava negli orecchi: “Guarda! E’un sono tutti più coglioni di te!”
Non l’ho letto e non mi piace – disse Manganelli e hanno ribadito in parecchi nei giorni successivi (qua s'è lasciato un po' muffire l'argomento). Gli rimprovero di essere un fico della madonna, di avere una barca di soldi, e buon ultimo di parermi banale e melenso. D’altra parte, al Baricco della critica che l’ha stroncato va accreditata la spaccatura del dipartimento di italianistica della Sapienza a danno di quel comunista familista di Asor Rosa (a cui, a sua volta, va però accreditata perlomeno l’identificazione della cosiddetta “generazione letteraria”). Non ho letto e non mi piace nemmeno il citatissimo Citati, su cui i’bBanda ha detto l’ultima parola. Tutta roba che dà la netta impressione di non dover essere letta. Mentre, da leggere, è quella formidabile tropata – l’equivalenza strutturale del Don Giovanni di Mozart e del Dracula di Bram Stocker, e scusatemi se è poco (la scoperta di simili evidenze è lo scopo della grama vita di ogni comparatista che si dispetti) – che gli meriterà un’immortalità meno vampiresca della sua esistenza come fenomeno di costume.
Chi vende parecchio diventa perciòstesso curtura popolare? Il conformismo proletterario fa bene o fa male? Il genere non funziona meglio, come serbatoio di topoi, delle svenevolezze calligrafiche delle Liala di turno? Gianluca Neri e i suoi non sono molto meglio per analizzarci il pop? I sedicenti poéti non andrebbero presi a pedate – per il bene del peota che è in loro - come voleva Goethe? Ho nostalgia di Papini e forse anche di Sem Benelli: il primo stroncava il secondo ma ne salvava – perché a sbagliare tutto non ci si riesce manco a farlo apposta – un verso, uno solo. Dell’imbrattacarte pratese non è rimasto nemmeno quell’unico verso (o almeno non lo ricordo io), sono rimaste le tette di Clara Calamai in un film di quarant’anni dopo - con relativa folla di gente che nello schermo ci voleva entrare.


mercoledì, marzo 08, 2006

 

Il nostro uomo in Piazza de’Ciompi

Il Braccini non era a Firenze, e i suoi compagni di blog se c’erano dormivano. Intanto si svolgevano gli Stati Generali delle Droghe, che hanno sancito una volta dipiù il riavvicinamento in chiave antiproibizionista dei sinistri sociologici e dei sinistri liberali che saremmo noi. Notizia uno: a Prodi di cambiare la legge Fini-Giovanardi non gliene può battere di meno. Notizia due: forse a Firenze, in aperta disobbedienza dell’art.79 del DPR 309/90 (testo unico sugli stupefacenti) modificato dalla suddetta legge del 21 febbraio 2006 n.49*, apriranno le Narcosalas e ci sarà qualche tossico morto in meno. Notizia tre: la Bernardini è (già) una delinquente. Notizia quattro: non tutto il mondo, purtroppo, è Perdukistan (se qua riesco a linkare il file audio, ascoltatevelo!).
*Agevolazione dell'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Chiunque adibisce o consente che sia adibito un locale pubblico o un circolo privato di qualsiasi specie a luogo di convegno di persone che ivi si danno all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope è punito, per questo solo fatto, con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 3.000 ad euro 10.000 se l'uso riguarda le sostanze e i medicinali compresi nelle tabelle I e II, sezione A, previste dall'art. 14 (comprendono sia "droghe pesanti" che "droghe leggere", ndr), o con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 3.000 ad euro 26.000 se l'uso riguarda i medicinali compresi nella tabella II, sezione B, prevista dallo stesso articolo 14.


 

Del frequentare sempre gli stessi giri

C’è gente che conosce solo gente che all’ultimo referendum è andata a votare. C’è gente che non conosce nessuno che abbia votato Berlusconi. C’è gente che conosce solo laureati. Statisticamente, queste genti sono tutte la stessa gente, e proprio non capiscono perché questo paese stia andando dove va.
Ho amici fascisti (pochi), comunisti (parecchi), liberali (i radicali). Ho amici col villone e amici proletari (perlopiù senza prole). Ho amici così scolarizzati che dopo che si son fatti la laurea, il dottorato, il post-dottorato e l’assegno di ricerca ti dici: e ora dove cazzo vanno? Ho amici sostanzialmente analfabeti. Non ho questa gragnuolata di amici, ma sto parlando solo di amici miei coetanei. Purtroppo ho anche amici ebrei, ma soprattutto, meraviglia delle meraviglie, ho amici cattolici integralisti neocatecumenali ed amici cattocomunisti lapiriani, un’insospettabile quantità di trentenni vergini e nonostante questo abbastanza simpatici da dire al prossimo loro: -Beata la tua ragazza che almeno te la fornichi!- Quando si capisce che anche questo è possibile, non si capisce lo stesso perché questo paese stia andando dove va, ma si sta più volentieri in compagnia.


 

Girellando per il web/1

Le riviste femminili - quelle piene di belle donne quasi nude, avete presente? Quelle che le donne sfogliano per il quasi e gli uomini per il nude, quelle piene per metà di pubblicità e per il restante cinquanta per cento pure – quelle. Beh, questo blog parrebbe una lettura gustosa.
La foto a fianco, invece, è un magnifico esempio di pop patinato. Teri Hatcher, l’insopportabile – ma ovviamente fihissima – cerbiatta delle Casalinghe Disperate confessa a Vanity Fair di essere stata molestata dallo zio quando era quattrenne. Alla luce di questa rivelazione, riguardate la copertina: è favolosa.
Infine, dopo le bamboline di cui sopra, parliamo di esseri umani: i Simpsons!


venerdì, marzo 03, 2006

 

Disobbedisco: il blog (e non solo)

Non si finisce mai di iniziare, e mille ricominciamenti sono sempre meglio di una sola fine. Ci s’era provato due anni fa, bisognava, stavolta, ripartire dal processo per la disobbedienza senese (vedi post qua sotto), poi l’udienza è stata rinviata, è morto Coscioni, ed ora siamo qua, con mille gomiti che fanno contatto con altrettanti piedi e parecchie paia di papille gustative interrotte. Come disobbedire ancora?
“Disobbedisco!”, si scopre su gugol, è (nel frattempo) anche un musical. Garibaldi disse “Obbedisco” e interruppe la sua marcia su Trento (o era Roma?), D’Annunzio disse “Disobbedisco” e proseguì per Fiume dando luogo ad un’effimera Repubblica dell’Ammore, a vent’anni di italianità dell’attuale Rijeka, ed anche al musical di cui sopra (quando l’avrò finito di ascoltare vi farò sapere se ne è valsa la pena). Gobetti ci ha spiegato che il Risorgimento è stato un disperato tentativo di diventare moderni restando letterati; la Voce fu un proseguimento di quel tentativo, il fascismo (e non l’antifascismo) che ne scaturì (con la complicità di un conflittuccio mondiale e del “Disobbedisco” di D’Annunzio) il suo fallimento finale. Eppure, scalciata fuori dalla porta, la “letteratura” (nel senso che intendeva Gobetti, o in uno lato quanto lo hanno permesso i nuovi media) rientra in politica sotto forma di semiotica; penso alle cerimonie beat (ma la fonte è la Pivano) importate in Italia ed elevate all’atto da Pannella. Negli anni Settanta si è assistito al ribaltamento semantico delle parole “obbedienza” e “disobbedienza” (come da pluricitato, forse mai abbastanza, testamento pasoliniano). Ed arriviamo ai giorni nostri, eravamo appena nati, appena in tempo per ribadire che siamo i primi e i più belli fra i disobbedienti del mondo, in quanto gli unici tecnicamente civili, quando ci siamo trovati di fronte quella parodia degli anni Settanta battezzata, col sangue di “Piazza Carlo Giuliani. Fava”, Genova; dell’offensiva semiotica di quei giorni (Wu Ming, Casarini…) risentiremo, temo, a lungo, mi pare uno dei tre o quattro fattori fondamentali che hanno fottuto questa generazione. Come staccare i gomiti dai piedi, come riattivare le papille gustative? Come disobbedire ancora?
(Proprio non mi riesce, a quanto pare, scrivere i post brevi ed agili che vorrei vedere qua)
In una ricerca sociologica che la nostra Claudia Sterzi (alias dina) condusse alcuni anni fa alle Piagge, il più degradato dei quartieri fiorentini, si rilevava che la zona era, fra l’altro, desolantemente priva persino di scritte sui muri, con un’unica eccezione: “Se la vita t’affanna/ fatti una canna”, da cui l’interrogativo explicit dello studio: “Segno di disagio, o di resistenza?”. Lo sapevate che i recenti moti dei banlieusards parigini hanno fra le concause, magari scatenanti, del loro scoppio un giro di vite proibizionista del governo francese? (Ma il Braccini tutto ciò già lo sapeva, ed ha tentato di spiegarlo a modo suo già qualche annetto fa rimediandone sonore prese di culo anche in casa radicale). E si può dire che l’analogo italico giro di vite ha fatto aumentare il prezzo della maria – e che agli onesti (cioè non penalmente perseguibili) consumatori più o meno appassionati gli girano i coglioni? Da quando Fini è al governo – questo non lo si legge mai sui giornali, eppure ha influito negativamente sulla vita di tutti – centinaia di piccoli coltivatori di canapa sono stati buttati in galera o alla meglio fuori dal mercato (un mercato criminale solo legalmente), mentre i mafiosi che importano droghette dall’Albania piuttosto che dall’Olanda hanno potuto moltiplicare sia i prezzi che il bacino di utenza. Pannella ha detto che il giorno stesso che la cosiddetta legge Fini (quella imboscata nel decreto sulle Olimpiadi) entrerà in vigore disobbediremo in massa. La cosiddetta legge Fini è entrata in vigore il 27 febbraio. Che aspettiamo? Che arrivino i nostri Prodi? Sarebbe così brutto e cattivo agire ora, in campagna elettorale? Bisogna disobbedire ancora.


 

Essere radicali

Ieri all'una meno spiccioli ho preso volantini, moduli nuovi, sciarpa, guanti per andare a tenere aperto il gazebo in piazza della Repubblica. Sull'uscio, uno dei miei capi "vai a fare il tuo secondo lavoro? Quello che si paga invece di esser pagati?"

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giovedì, marzo 02, 2006

 

In Campo di maria


da il Cittadino Oggi. Siena e Provincia, martedì 21 febbraio 2006

boxettino in prima pagina. Cronaca:
“Marijuana in Piazza. Processo rinviato”
Ieri alla procura di Siena si è avuto il terzo rinvio sul caso che riguardò, il 7 giugno 2002, i radicali Rita Bernardini, Claudia Sterzi e Giulio Braccini i quali misero in atto in Piazza del Campo la disobbedienza civile dedicata alla canapa terapeutica. In pratica si sono macchiati del reato di cessione gratuita di marijuana. Seguirono subito il fermo e la denuncia.

da pagina 6 (taglio alto):
“Nel giorno della morte di Luca Coscioni, alla procura di Siena c’è udienza sul sit in radicale del 2002”
Siena, Fabrizio Boschi.
Era il 7 giugno del 2002: in Piazza del Campo i radicali Rita Bernardini, Claudia Sterzi e Giulio Giulio Braccini [sic] mettevano in atto, come in molte altre parti d’Italia, la disobbedienza civile dedicata alla canapa terapeutica. In pratica si sono macchiati del reato di cessione gratuita di marijuana. Seguirono subito il fermo e la denuncia.
“Noi tre ‘delinquenti’ – dice Braccini – distribuimmo gratuitamente alcuni grammi di marijuana in piazza del Campo, per disobbedire civilmente a una legge che criminalizza la marijuana persino quando se ne fa uso a fini terapeutici (in casi, ad esempio, di anoressia, epilessia, sclerosi multipla…). Il fine di una disobbedienza civile è quello di giungere a un processo per poter discutere in una sede pubblica e competente della liceità di una legge”
Dopo un anno passato ufficialmente come ‘indagati’ hanno ricevuto la condanna senza processo a due mesi e rotti di reclusione o a 2500 euro circa di multa. La procedura si chiama ‘decreto penale di condanna’, e a quanto pare è frequente in generale ma rarissimo nei casi legati alla droga (forse la prima dopo trent’anni).
Claudia Sterzi e Giulio Braccini presentarono quindi opposizione al decreto alla procura di Siena. Da allora si sono avuti due rinvii per la mancata presentazione dei testimoni in quanto non avvertiti con raccomandata come da prassi. Ieri alla procura di Siena, il terzo rinvio, nel giorno della morte del radicale Luca Coscioni, questa volta a causa di accavallamenti processuali dei legali.
“Resta il dato di un gip che ha pensato di ‘farci un favore’ decuratando pene e sanzioni previste da un lato, e di farsi un favore, dall’altro, spicciandosi di un processo così seriamente politico – spiega Braccini – Con quella pregiudicata della Rita e con due novelli ex incensurati, la lotta va avanti”. Per Rita Bernardini si è trattato della ventesima disobbedienza civile. “Un’ulteriore disobbedienza, stavolta più di massa, la compiremo a Roma quando il decreto Fini (quello che equipara droghe leggere e pesanti, ndr) sarà operativo. Oggi (ieri, ndr) è morto Luca Coscioni, e in questa luttuosa occasione può essere interessante il fatto che la nostra disobbedienza civile ha avuto come obbiettivo dichiarato la legalizzazione almeno della marijuana per uso terapeutico”.

box di spalla. La Storia. Sono le 17 del 7 giugno 2002 e Claudia Sterzi, Giulio Braccini e la presidente dei Radicali Italiani Rita ernardin vengono arrestati per aver ceduto gratuitamente della marijuana a dei passanti, in piazza del Campo nella classica disobbedienza civile alla radicale. Sono subito seguiti il fermo e la denuncia. Dopo un anno passato ufficialmente come “indagati” hanno ricevuto la condanna senza processo a due mesi e rotti o a 2500 euro circa di multa; la procedura si chiama “decreto penale di condanna”, e a quanto pare è frequente in generale ma rarissima nei casi legati alla droga (forse la prima da trent’anni). Dopo l’opposizione al decreto ieri un ulteriore rinvio d’udienza.


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