martedì, marzo 28, 2006

 

Girellando per il mondo/1

Vile paronomasia, ma ho sempre trovato carino il fatto che Ariosto non abbia mai voluto andarsene sulla Tana (che è semplicemente il “Danubbio”, sulle rive del quale il suo “datore di lavoro” aveva da compiere una lunga missione diplomatica) pur di non uscire dalla sua tana ferrarese. “Il resto della terra/ – canta (ma si fa per dire, è una Satira, toh: versifica) – senza mai pagar l’oste andrò cercando/ con Ptolomeo (sull’Atlante dell’epoca, insomma, ma con quella “p” iniziale che a noi fa tanto Eta-Beta e fumettistici viaggi stellar-temporal-dimensionali) sia il mondo in pace o in guerra” (ah i viaggi in pullman decantati dai reduci dei Settanta, da qua a Katmandù attraversando le pacifiche plaghe di Iraq e Afghanistan!). Ma il fatto che uno se ne voglia stare, magari, dimolto a casa sua, non ci evita di guardare attraverso lo schermo anche letterale della lontananza (anempatico ma non per questo forzatamente razionalizzatore) cosa succede a giro nei termini che qua ci interessano, ovvero in quelli di Storia del Mondo nel Secolo Vigesimoprimo.
Beh, mentre qua si cazzeggia come filosofia di vita (e non si fa male – a nessuno, perlomeno), l’ultima dittatura d’Europa mostra di aver imparato la lezione ucraina e si rinsalda perseguendo preventivamente i propri oppositori interni, e nella stessa Ucraina, colpita qualche tempo fa dall’arma di attrazione di massa della rivoluzione arancione, c’è dei bei casini (forse ci avrebbe salvato, anche lì, un bell’uninominale secco, ma ad oggi: ci salverà la Timoscenco? E soprattutto -scusate il razzismo ma - : esiste un’ucraina che non sia una gran fiha?).
Nel cuore eccezionalmente culturale d’Europa, intanto, dopo il cabaret incendiario inscenato dai banlieusards nei mesi scorsi, è la volta dei moti conservatori dei sorbonnards (se si può dire così). A prescindere dalla sovraesposizione mediatica delle marginali (ci dicono) violenze, ci sono due o tre fatti da considerare: le okkupazioni non sono di per se stesse delle violenze? (i tribunali italiani decisero anni fa di no, perché il principio della libertà d’espressione prevale sull’illegalità del gesto; mah) E: il postofisso è davvero un diritto umano come propagandava Cofferati? (cazzo che differenza con la vita come diritto umano) Eppoi: ma, e se venisse fuori che davvero questo sistema economico non può reggere e ci porterà alla bancarotta? Vorreste il diritto umano del postofisso lo stesso? (sorry: il socialismo o è liberale o non è) A me questo tipo di manifestazioni fanno sempre venire in mente l’ingloriosa nascita del Belgio, che nel 1788 ottenne l’indipendenza dal Sacro Romano Impero con moti contadini sobillati dai nobili e notabili locali che si opponevano alle riforme di Giuseppe I; riforme liberiste, già allora; si trattava di abbattere le barriere doganali interne e di non far pagare (anche a quei contadini) i dazi allora esatti a chi andava da una regione all’altra.
Ma oggi, soprattutto, si vota in Israele. Ma Oggi, oggi leggo da qualche parte la smentita di quella mezza bufala della messa in funzione della Borsa del Petrolio di Teheran, che però come scenario è ghiotto, non impossibile e brutto e cattivo. 'Sta nuova borsa intenderebbe utilizzare come moneta di scambio per l’oro nero non più il dollaro bensì l’euro. Tanto meglio, direte voi, in culo agli americani e viva noi. Macché. Doveroso ricordare a chi mi legge senza conoscermi che sono un analfabeta economico, ma a quanto ho capito: Esiste la dollarizzazione (è doloroso dare qualche ragione a Chomsky, ma può capitare), una forma di tassazione indiretta (intendiamoci: perfettamente legittima e anche meno stronza di quanto l’impropria definizione d’altronde invalsa possa far pensare) degli Usa sul resto del mondo. Esiste e tant’è. Ora: l’Europa ad oggi è un’espressione geografica, non esiste, è alla meglio (come ricorda spesso Bandinelli) una “dieta polacca”; secondo i volenterosi nazionalisti europei, addirittura, essa potrà nascere solo in virtù di uno shut-down con gli Stati Uniti; una roba parecchio realpolitika, che fonderebbe il nostro futuro paese su fattori di identità piuttosto che di diritto. La Francia ha già vanificato il possibile auto-esilio di Saddam (vedi dichiarazioni del suo ex-generale per cui il Rais era convinto che Chirac avrebbe impedito il conflitto). Un’Europa che rifiutasse il cambio di valuta per il petrolio sarebbe un proto-paese che accetta la propria subalternità. Ma un’Europa che accettasse sarebbe una Francia in grande (ma non, per l’ennesima, in grandeur), una roba ancora una volta stolidamente realpolitika che prende questa come un’alternativa alla Comunità della Democrazia, al diritto, a tutte le belle cose che ci fanno (nonostante tutto) speranza (e l’America? L’America forse bombarderà l’Iran per questo)
Nel secolo Centesimoprimo e rotti in cui si svolge la Fondazione di Asimov Trantor, un pianeta al centro della Galassia, è riuscito ad unificare l’umanità sotto un’unica pacifica sovranità. In romanzi della stessa saga diegeticamente precedenti, si legge della storia di questa unificazione, e si incontrano buffi personaggi nativi di altri pianeti ma disposti a fungere da quinta colonna trantoriana pro bono pacis. Magari gli Usa fossero una Trantor liberaleggiante (se lo fossero davvero, così beneficamente imperiali, inizierebbero almeno a pensare di chiedere a Porto Rico, El Salvador, Panama ed Ecuador di diventare stellette dell’unione, se) – pro bono libertatis, la fine di Questa storia – anche se, sia chiaro, non ci interessa un’unica sovranità globale, ci interessa di raddirittare umanamente questo sfottuto mondo, magari per partire per degli altri. Assomigliano invece, è stato detto, alla Chiesa di Machiavelli, troppo debole per unificare l’Italia, troppo forte per non impedire agli altri di farlo. Ma una chiesa con un verbo storico piuttosto che oltremondano, con una struttura laica piuttosto che clericale, con la libertà piuttosto che con la risurrezione dei corpi come orizzonte – butta via.
Il Vigesimoprimo è agli inizi. Vedremo, continuando a girellare per il mondo.


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